Intenzione e filosofia di Respira Passi


In sintesi: cosa guida l’esperienza e che senso ha partecipare!

Più cammino, più si orienta in me la direzione. 
E proprio camminando in questi giorni nella montagna che amo sono emersi più chiaramente gli elementi delle mie proposte e l’intenzione da cui scaturiscono.
Il mercato è pieno se non saturo di proposte di yoga e trekking o di mindful trekking etc…e sono senz’altro tutte valide ma vorrei provare a descrivere quello che desidero, consapevole che è un ossimoro perché la percezione e il silenzio vanno esperiti.
Quindi, sempre con i limiti delle parole e la loro semplificazione, vi offro (e mi offro) qualche spunto. 

Un elemento chiave che mi guida è la consapevolezza ma la consapevolezza può essere anche un’ attenzione sterile e severa.
Posso essere consapevole di qualcosa ma provare ad esempio disprezzo per quella situazione, pensiero, persona, sentimento o emozione che incontro e fermarmi lì, senza che ciò cambi di una virgola il mio atteggiamento verso…
cioè senza indagare, esplorare ciò che provo e assumermi la responsabilità di ciò che provo.
E qui entra in gioco il secondo elemento:
la gratitudine.
La consapevolezza come porta di accesso ad un’apertura alla Vita, comunque sia, che pone l’accento su ciò che di buono c’è, sul bene che incontro, anche se sottile o sfuggevole.
Sulla luce, sulla crepa che filtra, sul respiro, sul presente (come dono).
C’è chi dice che in noi c’ è un vero attaccamento all’oscuro e al drammatico, a ciò che fa scalpore, altrimenti le fiction o i media…utilizzerebbero altri standard comunicativi.
Il terzo elemento è il contatto con l’Oltre. 
Senza consapevolezza e senza gratitudine l’accesso all’Oltre inteso come Dio, o Sacro o Vita piena, nella sensibilità di ciascuno, rimane una suggestione arida, un anelito che lascia l’amaro in bocca invece che la sete della ricerca.

Consapevolezza, gratitudine, sacro.

Le mie proposte sono intrise di questo atteggiamento contemplativo cioè mi permetto di rallentare, aprirmi a quello che c’ è attraverso la percezione, scoprire spazi di silenzio tra i pensieri e il turbinio degli affetti, prendere confidenza con un nuovo modo di relazionarmi con il corpo e con il mondo interiore, farmi raggiungere da briciole di quiete pacificanti.
Il cammino è sempre il sinonimo di un cammino più ampio.

Il corpo è il nostro tempio e da questa realtà concreta e vitale partiamo per andare incontro al silenzio che è l’altra faccia di ciò che appare ai nostri sensi.
La natura, se sappiamo cogliere i suoi segni e simboli, è maestra in questo cammino di spogliazione del troppo, del nauseante, del ridondante, è una bussola che aiuta a transitare dall’affanno più o meno evidente dell’ottenere e del raggiungere alla fiducia che tutto ciò che c’è è perfetto e necessario. (Che rivoluzione!)

Il requisito essenziale è l’umiltà, aprirsi ad un’esperienza dove non c’è il ‘gia’ sentito e già visto’ ( anche se rifacciamo lo stesso percorso) ma la fiducia nel nuovo, nella novità, nell’ apprendimento. 

E poi l’incontro con il selvaggio che istantaneamente ci porta ad un rispetto attento verso ciò che ci circonda.
Il selvaggio è la naturalità della natura, è ciò che sfugge all’ atteggiamento umano di ‘addomesticare’, ci salva dalla manipolazione e dall’azione condizionata e condizionante.

Il selvaggio è senz’ altro un tramonto incredibile o un arcobaleno inaspettato ma è anche la resina dell’albero, il canto potentissimo di un ‘micro’ volatile, le tracce degli animali del bosco, la fonte d’acqua che zampilla,…
Senza selvaggio moriremmo dentro e fuori, in poco tempo. 

Da tutto questo nasce il rispetto e la cura verso i pensieri e le azioni che compiamo nella natura, fino a fare scendere dalla testa al cuore che la natura siamo noi.
Ritornare all’essenziale porta una grande letizia, quella che nasce dalla liberazione. 

Perchè partecipare a queste esperienze?
Per ritornare a noi, e tornare a noi è tornare a casa. 
Per portare a casa qualche intuizione e più spazio anche nel nostro quotidiano, rimanere integri ‘corpo -mente’ senza ‘dissociarci’ nel fare.
Per nutrire lo ‘spirito’ ovvero un atteggiamento in cui il soddisfacimento immediato non è l’unico criterio di pensiero/azione.
Per sentire quanto siamo condizionati e quanta generosa e continua possibilità la natura ci dona, aiutandoci a comprendere un modo più leggero e armonico di porsi, portando un sorriso sincero a noi stessi e agli altri.

Ne siamo tutti capaci ma non ci siamo educati a farlo. 

E’ un work in progress anche per me… seguimos escuchando y hablando come dicono gli spagnoli…
alla prossima avventura!